PluriHandicap

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CENTRO POLIFUNZIONALE SPERIMENTALE DI ALTA SPECIALIZZAZIONE PER LA RICERCA TESA ALL’INTEGRAZIONE SOCIALE E SCOLASTICA DEI CIECHI PLURIMINORATI

 

LEGGE 28.12.2005 – N.278

 

LINEE GUIDA

Revisione, integrazioni e sviluppi con riferimento anche allo studio architettonico di fattibilità dell’immobile di Via Alberto Pollio, 10 Roma.

15 Febbraio 2017

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PREMESSA

La definizione della struttura che la legge n.278/2005 ha inteso istituire è tutta affidata alle poche parole che compongono la sua intitolazione. Una ulteriore indicazione viene dall’articolo 1 della legge che integra la definizione aggiungendo “…che svolge le sue attività anche attraverso l’utilizzo delle più avanzate tecnologie multimediali”.

A queste scarne parole, ma piene di significati e implicazioni, occorre riferirsi per trarre indicazioni da tradurre in linee di azione, contenuti operativi e metodologie di lavoro, nonché in direttive per la definizione degli spazi fisici.

pianta semi interrato

I SOGGETTI

Iniziamo a riflettere dall’ultimo termine, quello che definisce i soggetti, che sono evidentemente il punto di partenza di ogni considerazione, l’elemento più importante al quale tutto il progetto deve obbedire.

I ciechi pluriminorati sono sempre esistiti ed hanno dato luogo, anche in tempi non recenti, alla nascita di centri specializzati, non diffusi però sul territorio.

Recentemente la problematica ha assunto particolare rilievo per l’accresciuta sopravvivenza alla nascita di bambini portatori di gravi e gravissime disabilità plurime e per la cura crescente che le famiglie hanno dedicato a questi figli, rivendicandone anche i diritti presso lo Stato e le strutture di assistenza.

Risulta che la componente di neonati portatori di sola disabilità visiva, totale o parziale, sia in fortissima minoranza rispetto a quelli che presentano inoltre anche altre disabilità di tipo fisico, psichico o sensoriale.

Il fenomeno delle disabilità visive con associazione di altre disabilità richiede, preliminarmente ad ogni progettazione dettagliata di attività, uno studio ricognitivo che ne esamini le caratteristiche qualitative e quantitative e ne evidenzi i relativi bisogni e aspettative delle famiglie, nonché le risposte e i servizi già esistenti.

Entriamo ora nel merito del fenomeno, che risulta particolarmente complesso e articolato, con alcune semplici considerazioni, che vogliono essere introduttive.

Innanzi tutto occorre dire che l’elemento della minore o maggiore gravità della disabilità visiva e di quella o quelle associate è della massima importanza per delineare la problematicità del caso, come pure è decisiva la tipologia della disabilità associata. La presenza di un deficit mentale o cognitivo sposta decisamente la casistica su specifici e gravi livelli di difficoltà che non sono assolutamente presenti in assenza di tale associazione. Purtroppo si deve rilevare che questa situazione è molto frequente ed è quella che crea il maggior disagio alle famiglie e richieste di aiuto, soprattutto quando, come molto spesso accade si presenta anche con l’associazione di disabilità motorie e/o uditive.

L’associazione della disabilità visiva – cecità assoluta o grave/medio livello di ipovisione – con la disabilità uditiva ha dato luogo alla nascita di servizi e metodologie di intervento pedagogico e riabilitativo praticate a livello scolastico e assistenziale sul territorio alle quali è necessario fare riferimento.

La sola associazione con disabilità motorie, soprattutto se non gravi e non compromettenti gli arti superiori, non appare in grado di creare particolari difficoltà nel disabile visivo, che opportunamente aiutato può conseguire livelli di integrazione sociale e autonomia non molto differenti da un soggetto cieco/ipovedente monodisabile. A tale situazione pertanto possono essere, in gran parte, assimilati i relativi interventi.

Come già si è detto è la presenza del ritardo mentale-cognitivo a fare la differenza e a costituire la problematica maggiore soprattutto nei casi ovi si manifesti in forme gravi e si associ con disabilità motorie e condizioni generali di salute molto precarie.

Altra variabile di grande importanza è legata all’età del soggetto. E’ del tutto evidente che gli interventi precoci in pluridisabili in età neonatale ed evolutiva siano del tutto differenti, sia per prospettive e destino, da quelli rivolti a giovani e adulti.

 

RISPOSTE ATTUALI

Come si è detto i soggetti portatori di disabilità visiva in presenza di altri deficit hanno a disposizione servizi di assistenza, riabilitazione e supporto all’integrazione molto difformi per tipologia, qualità e distribuzione sul territorio italiano. Certamente molto è a carico delle famiglie e sovente si provvede con la supplenza di strutture assistenziali spesso non in possesso di competenze e capacità specialistiche e di operatori specificamente formati e dedicati.

Il caso più tipico è quello della persona di età adulta con pluridisabilità di media o grave intensità ricoverato stabilmente in residenza per anziani. Sovente si riscontrano anche casi di pluridisabili assistiti in centri ambulatoriali o diurni aspecifici ove non viene rilevata o presa in considerazione la presenza di un grave deficit visivo e conseguentemente non viene disposto e attuato alcun intervento specifico, con grave limitazione e danno delle prospettive di evoluzione e miglioramento dell’utente.

 

IL NUOVO CENTRO

Il nuovo Centro che si intende realizzare si colloca quindi in un panorama di bisogni di persone e famiglie, che non sono ignorabili ma gravi e diffusi, anche in conseguenza di una difforme situazione nel paese delle risposte allestite dall’organizzazione dello Stato, nelle proprie articolazioni regionali e locali, e dalla società civile.

Come si è detto la definizione dei contenuti e delle attività del Centro, a cui queste linee guida intendono contribuire, deve necessariamente riferirsi alle parole impiegate dal legislatore.

polifunzionale

Il primo termine si riferisce alla pluralità di funzioni che deve svolgere il Centro.

Utilizzando, per comodità tecnica, il linguaggio sanitario, a cui è comunque indispensabile fare riferimento perché è quello delle norme (a partire dal DPR 14.1.1997, n.37 e norme regionali applicative) che disciplinano requisiti, autorizzazioni e accreditamenti di cui il Centro deve disporre per svolgere la propria attività, le funzioni possono essere individuate in:

  • prevenzione, intesa come la possibilità di evitare o limitare, nel massimo grado conseguibile nei singoli casi e il più precocemente possibile, il manifestarsi di danni conseguenti a eventi traumatici o patologici a carico delle funzioni e delle capacità dell’individuo;
  • riabilitazione, intesa come l’abilitazione o il recupero di funzioni e capacità individuali relative alla autonomia della vita quotidiana e allo svolgimento di attività e relazioni inclusive nella società;
  • mantenimento, intesa come la conservazione e il contrasto al declino del livello di capacità possedute, conseguite o recuperate, nell’ambito di una situazione di soddisfacente benessere bio-psico-sociale nell’ambiente famigliare e sociale.

Sempre utilizzando il linguaggio sanitario, tali funzioni si declinano a più livelli:

  • ambulatoriale, ovvero l’accesso dell’utente, singolarmente o in piccolo gruppo, a prestazioni in orari limitati nell’arco della giornata che possono ripetersi per più volte nell’ambito della settimana e dei mesi per cicli individuali programmati;
  • extramurale con riferimento alla capacità di svolgere interventi sul “territorio” nei diversi ambiti nei quali si svolge la vita dell’utente a partire da quello famigliare e domiciliare, in quello scolastico, lavorativo e sociale. L’ambito sociale deve essere inteso in senso ampio comprendendo gli aspetti di partecipazione alla vita culturale, ricreativa, sportiva, ecc.. Gli interventi extramurali assumono particolare significato e rilevanza qualora si intendano rivolti alla prevenzione da effettuarsi in ambito ospedaliero e neonatologico e nell’ambito di strutture e centri deputati a erogare servizi per tipologie di disabilità diverse da quelle visive, nei confronti dei quali assumerà le caratteristiche del supporto e della consulenza specialistica. Altresì assumono caratteri specifici nei confronti dell’ambito scolastico ove sono necessari consulenza e supporto specialistici di alta qualità;
  • semiresidenziale, è la modalità con la quale l’utente pluridisabile è inserito in un progetto individuale che prevede la permanenza per più giorni lavorativi alla settimana in un ambiente specificamente predisposto all’interno del quale riceve prestazioni di gruppo e individuali soprattutto riabilitative e di mantenimento e relative allo svolgimento di attività laboratoriali, di benessere e di intrattenimento; in tale ambito è prevista la consumazione del pasto principale della giornata;
  • residenziale a ciclo breve è la modalità che consente all’utente di ricevere ospitalità diurna/notturna per alcuni giorni, con la presenza di almeno un famigliare, in un ambiente di tipo foresteria dotato di spazi privati adeguati anche alla preparazione e consumazione dei pasti e al soggiorno, nonché di spazi comuni e di servizio.

Tali interventi devono essere programmati all’interno di progetti individualizzati per singolo utente, con il concorso della famiglia e delle risorse del territorio, che ne descrivano la valutazione funzionale, gli obiettivi e le metodologie. Progetti che andranno autorizzati dalle aziende sanitarie pubbliche o da altri eventuali committenti e che saranno verificati periodicamente con gli stessi soggetti e con le famiglie; progetti che potranno altresì prevedere la partecipazione dell’utente a specifiche ricerche scientifiche e alla sperimentazione di applicazioni tecnologiche.

Ovviamente la caratteristica di polifunzionalità deve essere anche riferita alle molteplici tipologie, casistiche e intensità nelle quali il fenomeno delle persone cieche/ipovedenti pluridisabili si presenta, nelle diverse età e stadi evolutivi. Dovrà inoltre riguardare le diverse e molteplici qualificazioni professionali e scientifiche che saranno chiamate a dare il proprio contributo, anche provenienti da esperienze disparate presenti sul territorio, con le quali in Centro dovrà costituirsi in una rete di scambi, studi e relazioni che rappresenti il vero valore aggiunto e l’ulteriore qualità per le risorse impiegate nel settore.

pianta piano secondo

sperimentale

La caratteristica sperimentale del Centro significa che si intende dar vita ad una struttura che rivolta a elaborare e impiegare nuove metodologie e risposte, o che pur basandosi su esperienze esistenti e magari anche consolidate, le presenti in combinazioni, modalità e articolazioni innovative.

Pertanto il Centro deve caratterizzarsi per rigore nell’impostazione delle ipotesi di lavoro che saranno da verificarsi alla luce dei risultati conseguiti.

Data questa configurazione se ne deduce anche che il Centro dovrà sviluppare le proprie attività inquadrandole in progetti impostati con rigore scientifico, con la programmazione di metodi e risorse e con l’analisi dei risultati.

Alla conclusione dei progetti sperimentali di attività gli esiti metodologi e operativi potranno essere validati a livello scientifico e pubblicati nelle forme opportune, affinché non solo il Centro ma tutti i soggetti coinvolti e l’intera comunità delle strutture a vario titolo impegnate nel settore delle pluridisabilità, vi possano far riferimento.

Potranno essere partecipi dei progetti di sperimentazione i centri accademici, quelli di ricerca scientifica e tecnologica, nonché operatori provenienti dai centri del territorio.

 di alta specializzazione

 Il livello di alta specializzazione alla quale deve collocarsi il Centro stabilisce non tanto l’ambizione di un’egemonia culturale o gerarchica sulle altre strutture esistenti ma l’intenzione di ricorrere a metodologie, strumenti e risorse altamente qualificati e mirati, affidandone la attuazione a specialisti di alto livello con il compito di programmare e realizzare interventi di qualità e di contenuto innovativo, facendo riferimento e rete con le migliori esperienze e competenze presenti a livello nei centri territoriali che operano nel settore, nonché con le strutture più significative a livello internazionale.

L’investimento in professionalità specialistiche e specifiche, la loro interazione, e la ricerca delle migliori risorse strumentali tendono a conseguire un valore aggiunto di contenuti innovativi le cui ricadute in termini di formazione e aggiornamento degli operatori sul territorio rappresenti un beneficio per tutti.

L’alta specializzazione a cui il Centro deve aspirare non è rivolta ad un astratto livello di studi e ricerche, ma deve intendersi finalizzata a produrre i migliori risultati a vantaggio dei disabili visivi pluridisabili soprattutto in termini di benessere e inclusione nell’ambiente famigliare, scolastico e sociale.

A titolo esemplificativo si elencano alcuni degli ambiti, degli strumenti e delle esperienze nei quali il Centro dovrà porsi l’obiettivo dell’alta specializzazione ne campo specifico delle disabilità visive con associazione di altre disabilità, verificandone l’efficacia e il gradimento da parte dei beneficiari potenziali.

Vi sono ovviamente le discipline accademiche ufficiale nei vari ambiti professionali della medicina e della riabilitazione sanitaria e socio-sanitaria, della psicologia, delle neuroscienza, delle scienze educative e della bioingegneria. A fianco di queste specializzazioni si collocano interventi consolidati nell’ambito della tiflologia e tiflopedagogia ed altri in via di codificazione come quelli relativi ai tecnici istruttori di orientamento, mobilità e autonomia personale.

Si deve inoltre far ricorso a discipline innovative ed anche non convenzionali, particolarmente produttive per le tipologie di bisogni e di sofferenze che possono alleviare: musicoterapia, arteterapia, ippoterapia, pet therapy, acquaticità, infant-massage, “Snoezelen” (ambiente e metodologia multisensoriale rivolta a realizzazione suggestioni attraenti, stati di benessere, rilassamento e positiva interazione tra persone con disabilità e operatori), ecc..

per la ricerca

Il concetto di ricerca è saldamente ancorato a quelli di sperimentalità, di alta specializzazione e di scientificità. Il Centro deve procedere con metodo rigorosamente scientifico enunciando le proprie ipotesi di lavoro ed elaborando programmi di attività ai quali siano associate raccolte di dati propedeutici alla valutazione dei risultati.

Proprio perché la ricerca è finalizzata ad un obiettivo operativo – l’integrazione sociale e scolastica – che si realizza inevitabilmente in modo decentrato sul territorio, questa tipologia di lavoro scientifico è auspicabile si caratterizzi come ricerca multicentrica, che pur emanando da un centro propulsore e di coordinamento scientifico, si avvalga di una casistica vasta e articolata, del resto richiesta dalla pluralità di situazioni che caratterizzano il fenomeno della pluridisabilità, nonché dall’originalità e diversità delle esperienze.

La ricerca alla quale si fa riferimento non è di tipo accademico e teorico ma strettamente intrecciata con la pratica operativa della quale deve costituire una ricaduta e, al tempo stesso, un supporto informativo e di valutazione. Non si vedono qui ricercatori in camice bianco e sofisticati laboratori ma operatori opportunamente formati anche a rilevare, e nei livelli superiori a comparare e valutare, i dati che emergono dalle attività quotidiane. Indispensabile sarà disporre di un sistema informativo-informatico di supporto per la catalogazione, archiviazione e comparazione dei dati.

Sarà pertanto necessaria l’elaborazione di protocolli di lavoro destinati alla valutazione dei bisogni degli utenti e dei risultati conseguiti con l’impiego delle diverse metodologie. La ricaduta sarà quella di validare i protocolli e di delineare una codificazione delle diverse casistiche e tipologie di bisogni e delle relative migliori metodologie e pratiche di intervento.

Occorre anche considerare l’aspetto di particolare importanza dell’impiego di specifiche consolidate o nuove tecnologie a supporto delle capacità personali, dell’autonomia individuale e dell’integrazione. In tale direzione la ricerca dovrà sviluppare particolare attenzione al migliore impiego e adattamento alle necessità specifiche, delle tecnologie già disponibili e alla individuazione di nuovi ritrovati tecnologici, nonché alla definizione dei relativi protocolli di impiego.

Fin dall’impostazione della ricerca occorre che siano coinvolti i Centri operanti sul territorio affinché cooperino, con l’adozione degli stessi protocolli e modalità di rilevazione dei dati, ad arricchire l’indagine e le elaborazioni. I risultati della ricerca è opportuno che siano via via presentati e discussi fra gli specialisti e i soggetti interessati dei diversi Centri, per i quali potranno anche rappresentare occasioni di formazione e aggiornamento nel proprio lavoro. In tal modo la ricerca assumerà l’aspetto di un processo articolato a livello centrale e territoriale, aperto al confronto tra i diversi contributi.

Per dare concreta attuazione a tali indirizzi il Centro, fin dalla propria programmazione, dovrà quindi stabilire intese e collaborazioni con le strutture istituzionalmente deputate alla ricerca nei settori e negli ambiti che possano avere interessi e ricadute nel campo delle disabilità visive associate ad altre disabilità. In primo luogo sono quindi da individuare i centri da coinvolgere e con i quali ricercare collaborazioni nell’ambito dei centri universitari, degli istituti e delle strutture deputate alla ricerca quali quelle del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Istituto Italiano di Tecnologia e, anche tramite questi, con strutture di livello internazionale.

Tali intese dovranno in particolare essere finalizzate a formulare progetti di ricerca da presentare nell’ambito di bandi e programmi dotati di idonei finanziamenti.

E’ di estrema importanza che la partecipazione del Centro a tali progetti non sia considerata quale mero fornitore di persone pluridisabili quale “materiale umano” su cui effettuare indagini e testare strumenti. E’ essenziale, e dovrà essere cura del Centro garantire, che le persone pluridisabili coinvolte nei progetti di ricerca siano consapevoli e partecipi il più possibile, nei limiti delle loro capacità, nello svolgimento dei progetti.

Per la migliore impostazione di tali attività di ricerca e per l’impiego più efficace dei risultati è necessario che il Centro si doti di un Comitato Scientifico.

tesa all’integrazione sociale

La finalità dell’integrazione, come già si è detto, chiarisce ancora meglio come la ricerca da impostare e realizzare non sia teorica ma rivolta al raggiungimento di risultati concreti in termini sociali, la cui verifica effettiva si comprova inevitabilmente a livello territoriale.

L’integrazione della persona disabile, di cui molto si è scritto e discusso, è variamente interpretabile e declinabile in rapporto alle condizioni del soggetto e del contesto.

Sicuramente è un obiettivo dell’integrazione quello del raggiungimento del più alto livello possibile di autonomia personale tenendo conto delle limitazioni oggettive, del contesto dato e delle risorse disponibili.

Le molto diverse condizioni dei deficit personali per qualità, quantità, gravità, ed età del soggetto, tutte riconducibili alla definizione di cieco/ipovedente-pluridisabile, differenziano molto i risultati sperati, soprattutto quando si ponga l’obiettivo dell’integrazione, o secondo l’evoluzione del lessico, dell’inclusione. L’integrazione/inclusione è un obiettivo che può essere posto anche semplicemente, nei casi di maggiori difficoltà, in termini di miglioramento delle capacità della persona, della famiglia e del contesto, di avvicinarne e renderne compatibili le interazioni, in una situazione di benessere bio-psico-sociale.

Con tale chiarezza di pensiero il Centro, e le altre strutture coinvolte cooperanti sul territorio, potranno declinare programmi di attività rivolti alle diverse situazioni, individuando livelli di integrazione maggiori e personali nei casi di minore età e gravità e livelli di integrazione sociale e collettiva nelle situazioni maggiormente compromesse.

A tal proposito occorre rilevare che anche un buon livello di socializzazione nel gruppo dei pari e soprattutto nel contesto sociale e culturale può costituire un risultato apprezzabile in termini di integrazione qualora la gravità della casistica sia alta.

Quindi anche la soddisfazione personale dell’utente e della famiglia può essere valutata quale un risultato integrativo apprezzabile, anche qualora comporti, soprattutto nei casi di particolare gravità e sofferenza della famiglia un allontanamento dal contesto di vita e una temporanea o prolungata assistenza residenziale. In tali casi il Centro potrà porsi l’obiettivo di fornire supporti e consulenza nell’ambito delle competenze e degli strumenti di cui potrà disporre.

La dimensione sociale dell’integrazione o inclusione deve essere intesa in modo ampio con riguardo allo stato di benessere e soddisfazione raggiunta in ambito famigliare, e nei diversi contesti della vita. Il Centro deve tendere a realizzare interventi di buona socializzazione e di partecipazione, nei limiti del possibile alle attività e alla vita sociale, culturale, sportiva e ricreativa, nonché ad attività di ergoterapia e di lavoro protetto, garantendone le condizioni di accessibilità e fruibilità.

pianta piano rialzato

e tesa all’integrazione scolastica

L’obiettivo dell’integrazione scolastica, nella sua semplice e perentoria enunciazione, esplicita inequivocabilmente che il Centro non è semplicemente destinato all’assistenza dei soggetti ormai più o meno adulti che siano già stati, in misura maggiore o minore, inseriti in attività di recupero funzionale e abbisognino ormai solo del mantenimento delle competenze e capacità conseguite.

Se il Centro ha l’obiettivo della ricerca per l’integrazione scolastica significa che deve dotarsi di una struttura organizzativa e di programmi di attività rivolti ai minori, e non solo a quelli in età scolare, perché è ben noto che i migliori obiettivi in questo arco di vita si pongono soprattutto quanto più precoci siano gli interventi. Significa altresì che deve operare fin dalla diagnosi precoce e in collegamento con i genitori e con le strutture educative del territorio, disponendo di adeguati specialisti e strumentazioni. Significa inoltre che deve operare a livello scolastico e quindi territoriale, con il coinvolgimento e in rete con i centri di riabilitazione e supporto all’integrazione che si collocano a questo livello.

Riguardo specificamente all’integrazione scolastica occorre rilevare che la molteplicità delle diverse esperienze realizzate nelle scuole italiane, ed anche nel panorama europeo, consente un’ampia gamma di riferimenti sulla quale il Centro potrà avviare riflessioni e comparazioni in funzione delle pratiche da attuare.

Nei confronti della scuola l’obiettivo del Centro deve essere quello di fornire consulenza e supporti specialistici all’inclusione rivolti ad evitare che si manifestino situazioni di mero custodialismo scolastico. L’obiettivo deve essere perseguito mettendo a disposizione delle scuole ove siano inseriti persone pluridisabili risorse strumentali e tecnologiche che derivino dalle proprie sperimentazioni, produzioni e ricerche e apporti specialistici e metodologici. Anche in ambito scolastico dovrà essere sviluppata soprattutto la capacità dei soggetti pluridisabili di partecipare attivamente e con soddisfazione alle attività valorizzando le loro potenzialità espressive, percettive, creative e multisensoriali con idonee sollecitazioni in ambito artistico, musicale, laboratoriale, e con stimoli quali la partecipazione ad eventi, a manifestazioni sportive e a esposizioni museali.

che svolge le sue attività anche attraverso l’utilizzo delle più avanzate tecnologie multimediali

Il tema delle tecnologie è per il Centro sicuramente di estrema importanza per la potenzialità di benefici che queste possano apportare alle persone disabili visive pluridisabili.

Il ricorso all’innovazione tecnologica si connette alla ricerca e alla sperimentazione di applicazioni scientifiche avanzate e si prefigge di aumentare le potenzialità dei singoli disabili e le risorse strumentali a disposizione degli operatori.

Qui si dimostrano estremamente importanti i rapporti di collaborazione che devono essere attivati con il settore della bioingegneria e della ricerca applicata e con i relativi centri studi.

Una menzione speciale meritano le tecnologie informatiche e digitali e le relative applicazioni a supporto delle possibilità di comunicazione, informazione e partecipazione, che possono fornire soluzioni utili anche nei casi più gravi di pluridisabilità.

 

OBIETTIVI

L’obiettivo complessivo e finale che la legge assegna al Centro è quello dell’integrazione, o inclusione, sociale e scolastica.

Appare chiaro che sempre, ma soprattutto nei casi di disabilità plurima in presenza di cecità o ipovisione, si deve misurare il raggiungimento di tale obiettivo avendo riguardo alla soddisfazione dell’individuo e quindi al suo stato di salute globalmente inteso secondo una concezione di benessere integrale bio-psico-sociale.

Non si intende quindi fare riferimento ad una concezione di salute intesa secondo un mero modello medico, che conduca alla medicalizzazione del Centro e dei servizi, quanto piuttosto applicare una concezione integrata e complessiva del benessere della persona che comprenda quindi anche i profili della famiglia, dell’istruzione, del sociale e del lavoro. Questa concezione rappresenta l’impostazione filosofica essenziale del Centro e, per gli utenti rappresenta il diritto di accesso a prestazioni garantite dallo Stato a ciascun individuo, nell’ambito del sistema dell’istruzione e del servizio sanitario.

 

CARATTERISTICHE

Volendo trarre un significato sintetico e complessivo dalle parole a cui la legge ricorre per definire le caratteristiche del Centro – polifunzionale, sperimentale, di alta specializzazione, di ricerca e tecnologie avanzate – se ne deduce che si è inteso non meramente costituire un Centro che si affianchi a quelli esistenti o magari, al peggio, si sovrapponga o si costituisca in concorrenza ad essi, ma si è voluto affidare ad esso una missione specialistica che produca un avanzamento complessivo delle conoscenze e delle capacità operative e tecnologiche di fornire benefici ai disabili visivi pluridisabili.

Quindi il Centro dovrà operare nei confronti dei disabili visivi pluridisabili fornendo i necessari servizi e interventi con le modalità e le metodologie descritte dalle presenti Linee Guida, perché non si può ritenere di che il Centro possa prescindere dalla operatività reale nei loro confronti, ma non dovrà limitarsi a tale erogazione ma proporsi di mettere a disposizione le acquisizioni e i risultati a cui perviene di tutte strutture e gli operatori del territorio, in un ruolo di supporto e collaborazione.

 

IL CENTRO E LA RETE

Dall’analisi delle caratteristiche e sul significato del Centro emerge in tutta chiarezza come questo debba costituirsi come l’elemento centrale di una rete di strutture e centri territoriali che già di fatto e da anni, all’interno di consolidate esperienze, operano sul territorio con finalità riabilitative e assistenziali coerenti e analoghe.

C’è quindi bisogno che il nuovo Centro assuma una funzione di ulteriore risorsa messa a disposizione dell’insieme delle strutture già costituite, e sia stimolo e supporto per la nascita di ulteriori esperienze, con l’intento di fare sistema e promuovere l’avanzamento del livello di qualità dei servizi e delle prestazioni a disposizione delle persone portatrici di specifiche gravi forme di disabilità.

Il nuovo Centro si costituisce quindi come il punto centrale di una rete alla quale deve fornire, in modo coinvolgente, condiviso e cooperante, elementi di crescita attraverso la proposta di protocolli di lavoro e di ricerca e la comune definizione di programmi e obiettivi.

Tale vocazione deve declinarsi attraverso attività di studio, ricerca, formazione anche seminariale e convegnistica, da svolgersi sia a livello centrale che territoriale, nonché con la produzione e pubblicazione di elaborati che costituiscano la crescita dei saperi scientifici sull’argomento.

I Centri da coinvolgere in questo progetto, all’interno di cerchi concentrici via via più vasti, vedono nel livello più prossimo a quello centrale, le strutture degli Istituti aderenti alla Federazione delle Istituzioni pro Ciechi che hanno consolidato, stanno sviluppando o si propongono di far nascere esperienze nel settore.

In un ambito più esteso saranno da coinvolgere le strutture specificamente competenti sulla pluridabilità degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, i centri specializzati per la sordocecità e il plurihandicap e le molte esperienze che con diverse caratterizzazioni sociali, cooperativistiche, artigianali, educative, culturali e socializzanti, coinvolgono e assistono persone disabili visive pluridisabili.

Saranno da coinvolgere le strutture e i centri di tipo sanitario, sociale, educativo, riabilitativo specificamente dedicate a disabilità fisiche e psichiche che possono avere in carico persone disabili visive per le quali non sono in grado di produrre interventi specialistici o che addirittura non hanno capacità di rilevare questa loro componente di disabilità.

In un ambito ancora più esteso saranno da coinvolgere i centri nascita ospedalieri e i reparti pediatrici, nonché le strutture specialistiche per le disabilità delle aziende sanitarie.

I centri specialistici per pluridisabili delle scuole e le normali strutture delle istituzioni scolastiche territoriali costituiscono l’altro importante ambito nel quale realizzare una rete di relazioni e rapporti di consulenza, supporto e collaborazione.

 

ATTIVITA’

Continuando ad utilizzare il linguaggio sanitario, per comodità di riferimento alla disciplina delle autorizzazioni necessarie alle attività, si declinano i settori nei quali il Centro dovrà predisporre programmi di intervento.

Prevenzione

La prevenzioni primaria è in ordine logico l’attività imprescindibile rivolta all’individuazione, quanto più precoce possibile, dei soggetti ciechi/ipovedenti pluridisabili che possano essere inseriti nei programmi del Centro.

La collocazione del Centro nell’ambito urbano di una grande metropoli, ove esistono strutture e servizi per altre disabilità e dove si concentrano anche grandi ospedali ai quali affluiscono casi critici e nascite soprattutto dal Meridione, consente l’organizzazione in primo luogo, di servizi di prevenzione precoce in rapporto ai casi di grave prematurità e in collaborazione con i punti-nascita dei centri ospedalieri.

Il Centro dovrà predisporre un servizio rivolto a fornire ai neonati in casi di grave prematuranza o di severe compromissioni pre, peri e post natali, una visita oculistica da parte di oftalmologi specificamente specializzati. Tale servizio dovrà avvalersi di specifiche intese con le autorità ospedaliere che consentano l’immediata segnalazione e il precoce intervento nei reparti di neonatologia, terapia intensiva e nei centri neonati a rischio degli ospedali dell’area metropolitana di Roma.

Nel caso le risorse del Centro potessero consentirlo sarebbe utile estendere, anche con l’eventuale concorso degli oftalmologi ospedalieri, il servizio di visite oculistiche neonatologiche a tutti i nuovi nati, consentendo così una prevenzione estesa e la precoce individuazione delle situazioni critiche.

In generale il servizio delle visite oculistiche dovrà essere organizzato secondo specifici protocolli e modalità di rilevazione del deficit visivo e delle altre disabilità associate, in collaborazione con le relative strutture ospedaliere e del territorio.

Si pone inoltre la necessità per il Centro di attivare iniziative informative e rapporti di collaborazione con altre strutture ospedaliere e del territorio affinché siano segnalati e avviati al Centro i casi di bambini e giovani adulti pluridisabili con sospetta disabilità visiva, ricoverati in vari reparti o assistiti in centri assistenziali riabilitativi e frequentanti istituzioni scolastiche ed educative, presenti sul territorio. In particolare il Centro potrà predisporre la fornitura di visite oculistiche per giovani e adulti nei casi di ricoveri nei reparti ospedalieri di traumatologia e neurologia a seguito di eventi traumatici o gravi episodi celebrali.

Sarà interessante verificare e comparare i risultati delle analoghe attività eventualmente svolte sul territorio dalle strutture collegate al progetto.

Per le attività di tipo preventivo sarà indispensabile il rapporto di collaborazione e coordinamento da stabilire con la Sezione italiana dell’Agezia Internazionale per la prevenzione della cecità (I.A.P.B.) nonchè conseguire le opportune intese con il Ministero della Salute e le autorità sanitarie regionali e locali.

Riabilitazione ambulatoriale

Il livello di base delle attività che il Centro dovrà allestire è quello ambulatoriale di tipo riabilitativo.

Con tale terminologia si intende far riferimento al complesso degli interventi specialistici, rivolti al conseguimento del migliore livello di autonomia possibile da parte del soggetto.

L’intervento di tipo “ambulatoriale”, è rivolto a utenti che possono rientrare in giornata alla propria abitazione di residenza o che siano ospitati temporaneamente nel servizio di foresteria del Centro unitamente ad un famigliare, ovvero acquisiscano autonomamente una ospitalità alberghiera o comunque autonoma in città.

Il servizio prevede l’erogazione di prestazioni di valutazione funzionale dei deficit e delle potenzialità di recupero, di acquisizione o riacquisizione di capacità: cognitive, psicomotorie, sensoriali, di abilità di vita quotidiana e di orientamento e mobilità, anche con l’impego di strumentazioni e dotazioni di tipo laboratoriale. Come si è detto la presenza dell’utente, accompagnato da almeno un famigliare, che può anche essere partecipe delle prestazioni, avviene in alcuni momenti nell’ambito delle settimane secondo un programma prestabilito, di cui sono partecipi la famiglia, gli operatori del territorio di provenienza e le istituzioni o enti deputati all’assistenza.

Ovviamente il complesso di tali interventi si declina in modo molto diverso nelle varie situazioni ma specialmente in base all’età, in conseguenza della quale occorre introdurre una decisa differenziazione tra l’area di attività destinata all’età evolutiva e quella destinata all’età giovanile e adulta.

Tale differenziazione ha anche specifico significato per la strumentazione da allestire e soprattutto per gli obiettivi riabilitativi che si pongono.

Si tratta qui di enucleare e specializzare gli interventi ambulatoriali specificamente rivolti agli utenti ciechi/ipovedenti pluridisabili differenziando opportunamente gli ambienti dedicati in dipendenza dell’età degli utenti.

Domiciliare – extramurale

Definito l’ambito di intervento del Centro come di ampio respiro e vasta gamma è ovvio che devono essere ricompresi in esso le attività sul territorio che sono indispensabili per assicurare continuità, organicità ed integrazione al lavoro sui singoli casi.

Pertanto dovranno essere previsti interventi nei diversi contesti:

  • famigliare, anche per assicurare consulenza alla funzione educativa, all’assistenza e all’organizzazione domestica, e sostegno, anche psicologico, ai vari membri della famiglia nelle loro dinamiche e relazioni, con particolare cura nei casi di fratelli e di famiglie gravate da altre problematicità sociali;
  • scolastico a partire dai livelli iniziali del percorso educativo, asilo nido, scuola dell’infanzia; mentre nella scuola propriamente intesa andranno sviluppate le adeguate attività di supporto al sostegno scolastico e alla socializzazione e integrazione;
  • lavorativo per promuovere e sostenere l’inserimento, protetto o meno da speciali istituti normativi, e ove occorre fornire al lavoratore disabile, al datore, ai colleghi e agli altri attori del contesto di lavoro gli adeguati supporti informativi e consulenziali;
  • sociale nelle più disparate situazioni ove si svolge la vita del disabile e ove occorra sostenere l’integrazione e il superamento di stereotipi culturali escludenti. In tale ambito sarà cura del Centro mettere a disposizione consulenza per conseguire l’accessibilità e la fruibilità di strutture ed eventi culturali, sportivi e ricreativi.

In tutti tali ambiti il Centro potrà fornire gli ausilii e i sussidi tecnologici e tiflodidattici che costituiscono i prodotti di eccellenza del proprio laboratorio di produzione e che saranno ancora più specificamente dedicati alle situazioni di multidisabilità.

Altresì potranno essere attivate collaborazioni con i centri specialistici per altre tipologie di disabilità tenuto conto che la disabilità visiva non sempre rappresenta l’handicap maggiore e che sovente tale aspetto è ignorato o sottovalutato dai centri che hanno altre specializzazioni.

pianta piano primo

Semiresidenziale

Il “centro diurno”, il più noto servizio per i ciechi/ipovedenti pluridisabili, pur nella limitatezza dei casi conosciuti a livello nazionale e nella variabilità delle soluzioni e dei metodi messi in opera.

Il servizio costituisce un luogo collettivo di esercizio, consolidamento e mantenimento nelle capacità individuali conseguite, destinato all’ospitalità dei disabili per l’intero arco della giornata e per tutti o parte dei giorni lavorativi della settimana. Al tempo stesso il servizio è rivolto a fornire sollievo e supporto psicologico e materiale alle famiglie che, terminato il ciclo di copertura assicurato dalle istituzioni scolastiche per il periodo dell’obbligo, si trovano, nei casi di handicap plurimo ove non si possano individuare possibilità di proseguire gli studi o di avviamento al lavoro, a doversi far carico da sole dei figli disabili. Gli operatori destinati al centro diurno sono soprattutto, ma non solo, quelli dell’area educativa professionale e dell’assistenza socio-sanitaria.

Il centro diurno comprende la fornitura e somministrazione del pasto principale della giornata, mentre tipicamente sono previsti laboratori di attività manuali per la produzione di oggettistica, nonché attività di intrattenimento, animazione e supporto psicologico. Nell’ambito delle attività del centro diurno rientrano le “uscite” di gruppo rivolte alla socializzazione in diversi contesti culturali, sportivi e di intrattenimento, nonché la realizzazione di brevi soggiorni-vacanza intensivi di socializzazione, in assenza della famiglia, in residenze al di fuori del contesto urbano.

La realizzazione del servizio residenziale a ciclo diurno deve comportare la soluzione del problema del trasporto quotidiano dei disabili dalla loro abitazione al Centro e viceversa, nonché quello dell’eventuale trasporto necessario alla frequentazione di occasioni di socializzazione esterna. Tale necessità, in mancanza di altre risorse e soluzioni, potrebbe anche far prendere in considerazione l’opportunità di uno specifico servizio di trasporto realizzato in proprio o in convenzione.

Residenziale

La funzione residenziale del Centro sarà svolta tramite un servizio di foresteria per cicli brevi di ospitalità. Tale servizio prevede piccoli nuclei residenziali ove la persona disabile, soprattutto ed in particolare minorenne, possa essere ospitata con la presenza costante di almeno un famigliare durante il periodo di valutazione e di svolgimento delle attività.

La funzione residenziale è offerta nei casi che non consentano il rientro giornaliero degli utenti al proprio domicilio come previsto per il servizio di tipo “ambulatoriale” o centro diurno.

Si tratta quindi di utenti ospitati per il solo periodo necessario ad effettuare cicli di valutazione e impostazione di programmi personalizzati. I disabili ospitati, e i loro famigliari, sono ammessi ai medesimi cicli di attività stabiliti per gli utenti del servizio ambulatoriale e del centro diurno, in rapporto ai programmi personalizzati che saranno individuati secondo le loro necessità e potenzialità.

La residenzialità – tipo foresteria – è progettata per piccoli nuclei autosufficienti di almeno due posti letto attrezzati per l’ospitalità ciascuno di un disabile accompagnato da un famigliare. La dimensione complessiva è di circa 14 e prevede adeguati spazi comuni di soggiorno e di servizio.

La struttura architettonica deve comunque essere conforme ai requisiti previsti dalle norme sulle autorizzazioni sanitarie per gli ambienti destinati a residenza sanitaria assistenziale e prevedere la più ampia possibile flessibilità di destinazione in modo che possa corrispondere ad esigenze mutevoli nel tempo in rapporto alle necessità degli utenti e dell’evoluzione delle ricerche e delle conoscenze.

Attività laboratoriali

Gli utenti del centro diurno e quelli ospitati nel servizio di foresteria svolgono anche attività laboratoriali e di ergoterapia in specifici locali idoneamente attrezzati ed inoltre possono essere formati e avviati a svolgere attività di tipo lavorativo-protetto presso il laboratorio di produzione del materiale tiflodidattico della Federazione.

A tale scopo il laboratorio in questione è articolato in due sezioni distinte: in una, il cui accesso è particolarmente protetto, sono ubicate le lavorazioni e le macchine che possono costituire un rischio di infortunio per persone disabili; nell’altra sono concentrate le lavorazioni più semplici e non pericolose alle quali potrebbero essere ammessi a partecipare – adeguatamente formati ed assistiti – alcuni disabili utenti del Centro polifunzionale.

Infatti la possibilità di utilizzare il laboratorio di produzione della Federazione ubicato nella stessa sede costituisce uno dei punti di forza del Centro potendo consentire ad alcuni utenti pluridisabili di fare esperienza di lavoro protetto per lavorazioni semplici e non pericolose. Il laboratorio della Federazione potrà trarre stimolo da tale collaborazione per ideare la produzione di materiali specificamente destinati ai soggetti disabili visivi con minorazioni aggiuntive: sussidi che saranno posti a disposizione degli utenti e degli istituti.

Attività di ricerca, formativa, convegnistica, seminariale e pubblicistica

Come già si è accennato il Centro dovrà prevedere che le proprie attività, fin dalla loro impostazione e nel corso dello sviluppo, siano caratterizzate da rigore metodologico e da prassi di ricerca, confronto, discussione e ricadute formative, nonché di pubblicazioni di tipo scientifico e divulgativo che siano aperte e impegnino la rete dei soggetti partecipanti a partire da quelli direttamente coinvolti nell’applicazione dei protocolli di ricerca e nelle conseguenti attività di studio e analisi dei risultati.

L’impostazione e lo svolgimento dell’attività di ricerca dovrà essere stabilita con la collaborazione di qualificati centri accademici e scientifici esistenti a livello nazionale, europeo e mondiale. La ricerca dovrà comunque essere strettamente connessa all’attività direttamente rivolta agli utenti al fine di individuare le migliori risposte ai loro bisogni in rapporto alle diverse casistiche e livelli di deficit.

A tal proposito la formulazione dei progetti di ricerca, dei protocolli di lavoro e dei programmi di attività è auspicabile che avvenga con il coinvolgimento, non solo degli istituti scientifici e di ricerca, ma anche delle strutture territoriali e sia impostato un processo di confronto e relazioni reciproche tra centro e periferia del sistema a rete.

E’ appunto ai concetti di “rete” e di “sistema” che l’operato del Centro nel suo complesso, quindi come articolazione centrale e periferica, deve rifarsi per trarre maggiori benefici dal lavoro che si intende realizzare e per consentire lo svolgimento di programmi e progetti rivolti al miglioramento della qualità dei servizi sul territorio, al loro supporto e sviluppo nelle situazioni esistenti e nella realizzazione di nuove iniziative in rapporto alle esigenze.

Devono quindi essere programmati specifici momenti e tappe del percorso di lavoro del Centro, con particolari obiettivi e traguardi che evidenzino in modo aperto e trasparente l’evoluzione dell’esperienza e coinvolgano le istituzioni, i soggetti interessati e i portatori di interessi.

Si prevede inoltre che presso il Centro possano operare per cicli temporanei, ed effettuare tirocini formativi e di aggiornamento tecnici e professionali, operatori e ricercatori provenienti da istituti ed enti dal territorio, ed anche studenti presso centri universitari e di alta formazione, che potranno eventualmente usufruire del servizio di foresteria.

Una specifica area del Centro è dedicata alla ricerca e prevede ambienti progettati ad uso ufficio, studio, aule riunioni e formazione.

 

STRUTTURA DEL CENTRO

Riguardo alla struttura, all’organizzazione, al funzionamento e alle competenze professionali di cui il Centro deve dotarsi occorre innanzi tutto far riferimento alla norme che disciplinano la materia a livello nazionale e regionale.

Pertanto il già richiamato DPR 14.1.1997, n.37 avente ad oggetto: “Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private” è il primo punto di riferimento, sia per la definizione della struttura fisica che di quella organizzativa e professionale.

In particolare il riferimento riguarda le seguenti strutture definite dal decreto:

  • centri ambulatoriali di riabilitazione;
  • presidi di riabilitazione funzionale dei soggetti portatori di disabilità fisiche, psichiche e sensoriali;
  • residenze sanitarie assistenziali solo per quanto riguarda la struttura dei locali.

Ulteriori e più specifiche indicazioni a riguardo sono fornite dal Decreto del Ministro della Sanità del 18.12.1997, relativo ai requisiti organizzativi e funzionali dei centri specializzati per l’educazione e la riabilitazione visiva di cui all’art.2, comma 1, della legge 28.8.1997, n.284, come modificato, per la parte relativa alle figure professionali di base, dall’analogo Decreto del 10.11.1999.

Professionalità

Riguardo alle professionalità prescritte dal DPR n.37/97, in obbedienza alla finalità del benessere bio-psico-sociale dell’utente pluridabile e al principio del “contestuale apporto multisciplinare medico-psicologico-pedagogico”, occorre prevedere personale medico specialista, personale sanitario laureato, personale dell’area psicologica e pedagogica, tecnici della riabilitazione e personale di assistenza sociosanitaria e sociale.

Le indicazioni del Decreto del Ministero della Sanità del 10.11.1999 specificano le professionalità di base prescritte quali: medico specialista in oftalmologia, psicologo, ortottista assistente di oftalmologia, infermiere o assistente sanitario, assistente sociale.

A queste professionalità occorrerà aggiungere competenze in materia di neuropsichiatria infantile, psichiatria, fisiatria, fisioterapia, logopedia, psicomotricità, tiflologia, sostegno scolastico, pet therapy, terapia occupazionale, arte terapia, riabilitazione informatica, autonomia della mobilità e della vita quotidiana, animazione, acquaticità, e quanto altro possa eventualmente emergere come necessario nel corso dell’esperienza.

Aree di attività e struttura degli ambienti

Le aree di attività del Centro potranno essere organizzate funzionalmente secondo le competenze previste di: prevenzione e interventi territoriali, ambulatoriale, centro diurno, laboratori, strutture riabilitative, foresteria, ricerca e formazione.

La struttura del Centro, essendo articolata su quattro piani, è necessario sia organizzata per fornire le migliori opportunità ambientali e organizzative ai diversi utenti e servizi. Si sottolinea in particolare come le aree della foresteria e semiresidenzialità debbano avere agevole accesso agli spazi aperti: terrazze coperte e scoperte e giardino.

Nell’ambito del Centro sono previsti locali per prestazioni medico-psico-pedagociche, palestra riabilitativa, ambiente “Snoezelen”, locali insonorizzati per musicoterapia, per laboratori espresssivi, due vasche per attività acquatiche-riabilitativa, con adeguata strumentazione di accesso e operatività a servizio – con modalità e tempi distinti – di tutti gli utenti del Centro. Ovviamente tutte le attrezzature i locali e del Centro dovranno essere dotati di accessibilità completa per i disabili.

 

STUDIO ARCHITETTONICO DI FATTIBILITA’

Lo studio architettonico di fattibilità del Centro Polifunzionale di cui alla legge n.278/2005, relativo all’immobile sito in Roma, Via Alberto Pollio, 10 è rappresentato nelle planimetrie allegate.

Esso contiene modifiche, precisazioni e ridefinizioni rispetto all’iniziale studio di fattibilità architettonica presentato dalla Federazione al Ministero dell’Interno nel mese di marzo 2015, fondamentalmente in conseguenza di due circostanze:

  • la disponibilità di un esatto disegno geometrico della struttura immobiliare conseguente ai rilievi effettuati sul campo che sono stati possibili solo dopo l’effettiva immissione in possesso dell’immobile;
  • le verifiche e gli approfondimenti effettuati con i competenti uffici urbanistici del Comune di Roma dai quali è emersa la possibilità di un incremento di superficie fino ad un massimo di 500 mq. Tale incremento può essere realizzato in parte con una sopraelevazione, in parte rendendo disponibili per attività parti del piano seminterrato che diversamente è possibile utilizzare solo per rimessaggio autoveicoli, deposito di materiale e locali tecnici e di servizio.

La ridefinizione dello studio architettonico di fattibilità tiene inoltre in considerazione gli esiti dei sopraluoghi e degli incontri avuti presso una serie di centri per disabili visivi, portatori di altre disabilità, realizzati da enti e istituti appartenenti, ed anche esterni, alla Federazione.

Sono stati visitati centri molto diversi per dimensioni, caratteristiche e natura, dal maggiore, quello della Lega del Filo d’Oro nelle due sedi di Osimo, quella storica e quella in costruzione che presenta anche soluzioni tecniche e organizzative molto innovative, al più piccolo, ma molto vivace, quello della Cooperativa Luce e Lavoro di Verona. Gli altri centri visitati sono: l’Istituto Serafico di Assisi, la Fondazione Hollman di Padova, l’Istituto Chiossone di Genova e l’Istituto Sant’Alessio di Roma.

Dalla ricognizione sono emerse indicazioni e suggerimenti che hanno portato alla revisione delle presenti Linee Guida e dello studio architettonico di fattibilità del Centro secondo i seguenti criteri:

  • riconversione della funzione residenziale-foresteria da sanitaria-assistenziale a ospitalità temporanea in piccoli nuclei per singoli disabili accompagnati da uno o più famigliari;
  • disponibilità della funzione residenziale-foresteria per l’ospitalità anche di operatori provenienti da istituti ed enti del territorio che effettuino presso il nuovo Centro tirocini formativi e di aggiornamento tecnici e professionali;
  • ampliamento dell’area destinata alla ricerca, alla formazione e all’aggiornamento al fine di consentire la realizzazione di programmi e progetti rivolti al miglioramento della qualità dei servizi in un rapporto di rete, supporto e sviluppo delle strutture e servizi esistenti a livello territoriale;
  • flessibilità di destinazione più ampia possibile degli ambienti in modo che la struttura possa corrispondere ad esigenze mutevoli nel tempo in rapporto alle necessità degli utenti e dell’evoluzione delle ricerche e delle conoscenze.

Secondo il progetto preliminare l’immobile di Via Pollio è destinato per una parte alle attività della Federazione, e per l’altra parte al Centro Polifunzionale.

La dimensione totale dell’immobile di Via Pollio è di mq. 4.271,54 articolata su tre piani: seminterrato, sopraelevato e piano primo. La parte destinata alla Federazione, di mq. 939,74 – pari al 22,00 % del totale – è ubicata al piano rialzato per attività degli uffici e del laboratorio di produzione del materiale tiflodidattico e al piano seminterrato per magazzino.

Il Centro Polifunzionale, per una superficie pari a mq. 3.331,80, comprensivi di mq. 254,60 di incremento da realizzarsi sul terrazzo di copertura, è progettata come segue.

Piano seminterrato

Il progetto prevede un accesso carrabile tramite rampa da realizzarsi nel retrostante giardino affacciato su vicolo d’Aste.

Una parte di tale area, pari a mq. 892,85, è destinata a rimessa autoveicoli, depositi, locali tecnici, del Centro Polifunzionale.

Inoltre, per le attività del Centro polifunzionale, il progetto prevede la realizzazione nel piano seminterrato di: palestra per la riabilitazione, locale per la fisioterapia, stanza multisensoriale (Snoezelen), stanza per la musicoterapia, locale piscina con due vasche di riabilitazione in acqua, con annessi locali adibiti a servizi igienici e spogliatoi, per un totale di mq. 465,86.

Piano rialzato

Il progetto prevede un’area di mq. 400,18 con locali adibiti all’accoglienza e all’attesa degli utenti e del pubblico, alla segreteria amministrativa e al personale di servizio, nonché locali adibiti ad interventi di tipo “ambulatoriale”, ovvero rivolti a utenti che possono rientrare in giornata alla propria abitazione di residenza o che siano ospitati nel servizio di foresteria del Centro unitamente ad un famigliare.

Gli ambienti sono progettati per l’erogazione di prestazioni di valutazione funzionale dei deficit e delle potenzialità di recupero, di acquisizione o riacquisizione di capacità: cognitive, psicomotorie, sensoriali, di abilità di vita quotidiana e di orientamento e mobilità, anche con l’impego di strumentazioni e dotazioni di tipo laboratoriale.

Piano primo

Al primo piano, per una estensione di mq. 1.045,40, oltre a mq. 361,40 di terrazza scoperta parzialmente porticata, è ubicata la zona di residenzialità temporanea e l’area dedicata alle attività di studio e ricerca.

La residenzialità – tipo foresteria – è progettata per piccoli nuclei autosufficienti di almeno due posti letto attrezzati per l’ospitalità ciascuno di un disabile accompagnato da un famigliare. La dimensione complessiva di tale area è di mq. 246,00 e prevede 14 posti letto, nonché adeguati spazi comuni di soggiorno e di servizio per una superficie di 179,15 mq.

La zona dedicata alla ricerca prevede una estensione di mq. 114,50 con ambienti progettati ad uso ufficio, studio, aule riunioni e formazione.

Piano secondo (sopraelevato)

Si tratta di una sopraelevazione progettata per mq. 254,60 tramite la costruzione in “struttura leggera”, con terrazza coperta e scoperta su tre lati. E’ destinata ad attività di tipo laboratoriali a ciclo diurno per utenti nelle medesime condizioni di semiresidenzialità già descritte per quelli che hanno accesso ai servizi del piano rialzato.

Caratteristiche ambientali

Le caratteristiche degli ambienti del Centro devono essere conformi ai requisiti per le autorizzazioni al funzionamento richiesti dalle vigenti normative (Decreto Presidente Repubblica n.37/1997, Decreto Presidente commissario ad acta Regione Lazio del 10 novembre 2010 n. 90; Legge 28 dicembre 2005 n. 278); per attività in favore di persone disabili, oltre che ovviamente alle caratteristiche architettoniche e tecniche prescritte dalle norme con particolare riferimento a quelle sulla sicurezza e l’accessibilità.

Devono inoltre corrispondere il più possibile alla necessità di mutare destinazione nel tempo, in rapporto ai bisogni degli utenti e all’evoluzione delle ricerche e delle conoscenze, nonché essere adeguate ai requisiti previsti dai regolamenti di accreditamento e convenzionamento stabiliti dagli enti e dalle amministrazioni competenti al finanziamento delle attività e dei servizi in favore dei disabili.

Accessi

Considerato che le attuali scale di accesso ai vari piani, di cui l’edificio è dotato, non rispondono ai requisiti di uso pubblico, esse saranno conservate per il solo impiego tecnico e di servizio, mentre sono previste nuove scale conformi alle norme vigenti.

Le attuali due percorrenze verticali di tipo ascensori industriali saranno destinate: una a uso montacarichi riservata al collegamento tra il magazzino ubicato al piano seminterrato e il laboratorio di produzione dei materiali tiflodidattici della Federazione; l’altra riservata a collegare i quattro piani, i tre attuali più il piano sopraelevato, del Centro polifunzionale. Allo scopo di consentire l’accesso dei disabili al giardino retrostante ubicato su Vicolo d’Aste, è prevista la costruzione di un terzo ascensore.

Laboratorio di produzione dei materiali tiflodidattici della Federazione

Il laboratorio in questione è progettato per essere articolato in due sezioni distinte: in una, il cui accesso è particolarmente protetto, sono ubicate le lavorazioni e le macchine che possono costituire un rischio di infortunio per persone disabili; nell’altra sono concentrate le lavorazioni più semplici e non pericolose alle quali potrebbero essere ammessi a partecipare – adeguatamente formati ed assistiti – alcuni disabili utenti del Centro polifunzionale.

Aree esterne

Il piazzale antistante l’immobile, di mq. 1.230,00, è dedicato all’accesso e sosta di veicoli, mentre il giardino retrostante, di mq. 376,50, ove è prevista la rampa di accesso al piano seminterrato, sarà attrezzato in modo specifico e reso accessibile per gli utenti disabili del Centro e loro famigliari.

Procedure di affidamento della progettazione e dei lavori di ristrutturazione

La Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro ciechi procederà alla realizzazione del Centro polifunzionale nella piena osservanza della normativa vigente stabilita dal legislatore nazionale, in sede di recepimento di Direttive dell’Unione Europea, per l’affidamento e l’esecuzione di contratti pubblici di lavori ed opere, di cui al Decreto Legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

La Federazione individuerà la centrale di committenza per la realizzazione del Centro, in conformità all’art. 38 del citato Decreto, nel Provveditorato interregionale per le opere pubbliche. La centrale di committenza incaricata procederà, a sua volta, mediante gara pubblica, a selezionare l’operatore economico che assicuri il miglior risultato, sotto il profilo dell’efficienza e dell’efficacia, nell’esclusivo interesse di coloro che saranno i futuri ospiti del Centro.

 

STRUTTURA ISTITUZIONALE

La legge n.278/2005 individua la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi quale titolare del Centro in quanto destinataria dei finanziamenti per la realizzazione e tenuta a relazionare annualmente sull’impiego delle risorse stabilite dalla legge. La legge stabilisce altresì che le attività svolte dal Centro siano coordinate da uno specifico Comitato di Coordinamento.

Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi

La Federazione ha pertanto la titolarità e responsabilità del Centro del quale può affidare la gestione ad un soggetto operativo costituito, anche in forma associativa, da istituzioni ed enti in possesso di requisiti di competenza ed esperienza nel settore, preferibilmente aderenti alla stessa Federazione.

La Federazione individua gli obiettivi delle attività e delle ricerche e approva e modifica le “Linee guida” del Centro, nonché i bilanci, i rendiconti e le relazioni di attività e di gestione, previo parere favorevole del Comitato di Coordinamento.

Comitato di Coordinamento

Il Comitato di Coordinamento approva le direttive che il Centro deve perseguire al fine di garantire il massimo rapporto di collaborazione e interazione nelle attività e nelle iniziative di ricerca, con le strutture esistenti sul territorio nazionale dipendenti dalla Federazione ed anche esterne a questa.

Il Comitato di Coordinamento esprime pareri obbligatori su tutti gli atti di competenza della Federazione riguardanti le attività del Centro.

Comitato Scientifico

Il Comitato Scientifico spetta il compito di approvare, verificare e validare l’impostazione e gli indirizzi metodologici dei programmi delle attività e dei protocolli di ricerca, esprimendo pareri e supportando i compiti del Direttore Scientifico.

 

PROGETTAZIONE E GESTIONE OPERATIVA

Le presenti Linee Guida e Studio architettonico di fattibilità saranno sottoposti a revisione ed approfondimenti finalizzati a definire la progettazione e gestione operativa del Centro sulla base di informazioni ed elementi conoscitivi relativi a:

  1. analisi del fabbisogno, intesa come studio qualitativo e quantitativo del fenomeno dei disabili visivi pluridisabili, in ambito romano, laziale e nazionale e ricognizione delle condizioni di soddisfazione delle necessità presentate o comunque stimate di tale popolazione, anche in rapporto alle risposte fornite da altre strutture;
  2. studio di fattibilità economica, ovvero valutazione delle condizioni di operatività in rapporto ai servizi da offrire, alle possibilità del loro finanziamento nell’ambito delle normative e delle disponibilità del settore pubblico e delle risorse private attivabili, anche relativamente alle attività di ricerca che il Centro deve svolgere;
  3. piano strategico da intendersi come l’individuazione delle priorità e della successione delle azioni costitutive del Centro con l’indicazione dei tempi, dei rapporti istituzionali e dei supporti collaborativi necessari.

 

 

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